Linea del tempo dei terremoti - Balvano

1466-01-15 02:25:00

15 Gennaio 1466

Il 15 gennaio 1466 alle ore 2:25 GMT circa (le ore 9 e 3/4 della notte in orario “all’italiana”), un forte terremoto colpì l’area dell’Appennino meridionale al confine tra le odierne province di Salerno, Avellino e Potenza. A Napoli la scossa fu percepita di durata molto lunga (secondo alcuni un “miserere”, corrispondente a circa 65 secondi). I paesi più colpiti, dove ci furono numerosi crolli di abitazioni che causarono alcune decine di vittime, furono Conza della Campania con 20 morti, Calabritto, con 24 morti e Teora con 13 morti. Danni gravi e altre vittime, di cui non è specificato il numero, ci furono anche in oltre una decina di altri paesi: Balvano, Buccino, Caposele, Colliano, Laviano, Muro Lucano, Oliveto Citra (il principe di Salerno, di passaggio nel paese, si salvò dal crollo dell’edificio in cui alloggiava), Palomonte, Quaglietta, Ricigliano, Ruvo del Monte, San Gregorio Magno, Vallata. Ci furono inoltre danni di entità non precisata nei paesi di Acerno, Cairano, Lioni, Santomenna, Sant’Andrea di Conza.

1561-08-19 15:50:00

19 Agosto 1561

Il 19 agosto 1561, a quasi tre settimane dalle due forti scosse del 31 luglio, un terzo violento terremoto colpì la regione e questa volta gli effetti più distruttivi si ebbero nel Vallo di Diano e nell’Appennino lucano. La scossa si verificò alle 20 italiane (circa le 14:50 GMT). Molti centri già gravemente danneggiati dall’evento irpino del 31 luglio furono totalmente distrutti (Tito, Buccino, Auletta, Polla, Caggiano, Balvano, Vietri di Potenza, solo per citarne alcuni), a cui se ne aggiunsero altri gravemente danneggiati e semidistrutti forse per la prima volta in quell’anno (Sala Consilina, Atella, Muro Lucano, ecc.). Crolli di edifici e danni diffusi si ebbero anche a Potenza. Secondo il resoconto di Pacca (XVI secolo) il terremoto del 19 agosto causò imponenti effetti anche sull’ambiente naturale e sul territorio: spaccature si aprirono nei monti nei pressi degli abitati di Balvano, Bella e Muro Lucano. Sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici, per il terremoto del 19 agosto 1561, è stata calcolata una magnitudo “equivalente” Mw pari a 6.8 (CPTI11), che ne fa il più forte e significativo evento storico avvenuto nella zona del Vallo di Diano, altrimenti caratterizzata da una sismicità medio-bassa (tanto per fare un confronto, il grande terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 era di Mw 6.9).

1694-09-08 11:40:00

8 Settembre 1694

L’8 settembre 1694 un violento terremoto nell’area appenninica tra Campania e Basilicata devastò una trentina di paesi. La scossa distruttiva avvenne l’8 settembre alle ore 12:40 circa locali (le 17 e tre quarti secondo l’antico uso orario “all’italiana”, con l’inizio del giorno fissato mezz’ora dopo il tramonto). A Napoli fu percepita di durata variabile tra 30 e 60 secondi («un credo recitato» o «un miserere», secondo le espressioni utilizzate dai testimoni), distinti in un primo scuotimento e una immediata replica definita «laterale». L’area dei massimi effetti risultò localizzata nell’alta valle dell’Ofanto; le distruzioni gravi e diffuse si estesero a nord fino all’alta valle del fiume Ufita e a sud fino all’alta valle del Sele e alle propaggini settentrionali dei Monti della Maddalena. Furono quasi completamente distrutti 14 paesi: Atella, Bella, Cairano, Calitri, Carife, Castelgrande, Guardia Lombardi, Muro Lucano, Pescopagano, Rapone, Ruvo del Monte, Sant’Andrea di Conza, Sant’Angelo dei Lombardi, Teora. In queste località quasi tutti gli edifici crollarono, compresi numerosi palazzi pubblici, chiese e monasteri; le abitazioni e gli edifici rimasti in piedi risultarono quasi tutti inagibili; molte centinaia di persone rimasero uccise sotto le macerie. Distruzioni estese a circa la metà dell’abitato furono riscontrate in altri 18 paesi della dorsale appenninica irpino-lucana, fra cui: Caposele, Balvano, Bisaccia, Conza della Campania, Lioni, Santomenna, Tito.

1826-02-01 16:00:00

1 Febbraio 1826

Il terremoto colpì la zona nord-occidentale della provincia di Potenza e danneggiò gravemente una decina di centri situati alle prime propaggini dell’Appennino lucano. Il paese più danneggiato fu Tito, dove 60 case crollarono e tutte le altre furono danneggiate e in parte demolite; crolli di abitazioni avvennero anche a Potenza, a Satriano di Lucania e a Tramutola. La scossa fu avvertita ad Avellino, Matera e Napoli.

1857-12-16 21:15:00

16 Dicembre 1857

Il grande terremoto del 16 dicembre 1857 sconvolse una vasta area dell’Italia meridionale. Le tecniche oggi in uso per calcolare la magnitudo dei terremoti pre-strumentali sulla base della distribuzione del danno fanno del terremoto del 1857 uno dei più forti eventi sismici italiani di tutti i tempi (M 7.0): come energia liberata è paragonabile a quello che colpì l’Irpinia il 23 novembre 1980, ma i suoi effetti furono più catastrofici e molto più numerose le vittime, che secondo le fonti ufficiali furono quasi 11.000. La scossa distruttiva, avvenuta alle ore 21:15 GMT circa, fu preceduta di circa due minuti da un fortissimo foreshock, che causò le prime rovine nei paesi della zona epicentrale. Uno studio di dettaglio condotto da Branno et al. (1983) sui danni causati dal terremoto del 1857 riporta una osservazione di Leopoldo Del Re secondo cui “… alle ore 10 e minuti 10 di Francia si è sentita una prima scossa di tremuoto della durata di quattro in cinque secondi, la quale è stata dopo due minuti seguita da altra di assai maggiore intensità e della durata di circa venticinque secondi…”. La loro ricostruzione mostra che la prima scossa colpì la parte nord dell’area mesosismica cartografata da Mallet, tra i paesi di Balvano e Marsico Nuovo. Si trattò quindi di una fortissima premonitoria, un terremoto di magnitudo tra 5.5. e 6.0 che produsse danni in un’area situata a nord della Val d’Agri in corrispondenza della Valle del Melandro.

1910-06-07 02:04:00

7 Giugno 1910

La scossa avvenne il 7 giugno 1910 alle ore 2:04 GMT e interessò una vasta area dell’Appenino meridionale tra l’Irpinia e la Basilicata. Gli effetti più gravi furono a Calitri, paese situato al limite meridionale della provincia di Avellino, a 530 m s.l.m. nella valle dell’Ofanto. La scossa principale, che fu preceduta da leggere scosse il giorno 6 giugno, causò a Calitri il crollo di circa il 30% delle case e lesionò quasi tutti gli edifici, soprattutto quelli di scarsa qualità. I danni più gravi furono localizzati nella parte alta del paese, dove i quattro torrioni e le mura dell’ala sinistra del vecchio castello dei principi di Teora caddero sulle fatiscenti abitazioni di tufo sottostanti, causando numerose vittime e un gran numero di feriti e di contusi. Il palazzo Vittamori crollò interamente; crolli di edifici furono rilevati anche in altre zone di Calitri; in particolare, nei pressi della chiesa dell’Immacolata e nel quartiere Sopra Corte. Anche i monumenti riportarono danni; a Nusco vi furono crolli nelle mura perimetrali dell’antico castello longobardo; a San Nicola Baronia crollò il Santuario di Maria Santissima delle Fratte e riportarono gravi danni la chiesa parrocchiale di Sant’Euplio e il convento degli ex Frati Minori Riformati; a San Sossio tutte le chiese rimasero danneggiate, fra cui la cattedrale; a Zungoli furono danneggiati gli archi della chiesa Madre di S.Nicola e del convento. La scossa danneggiò leggermente la chiesa dell’Abbazia di San Guglielmo al Goleto e in parecchi punti il solidissimo edificio del monastero dell’Abbazia di San Michele e Monticchio. Nei paesi di San Fele, Carife e Ruvo del Monte vi furono crolli di abitazioni. Crolli parziali e lesioni gravi furono riscontrati negli edifici di Ascoli Satriano, Castel Baronia, Flumeri, Guardia dei Lombardi, San Nicola Baronia, Sant’Andrea di Conza, Sant’Angelo dei Lombardi e Vallata. In circa 40 altre località la scossa causò lesioni, fessurazioni, caduta di cornicioni e di muri. I paesi più danneggiati risultarono essere quelli situati in direzione parallela alla catena appenninica, compresi entro un raggio di 20 km tra Flumeri e San Fele. Complessivamente risultarono danneggiati 53 comuni: 41 in provincia di Avellino e 12 in provincia di Potenza. L’area di risentimento della scossa fu ampia: essa venne avvertita anche a Napoli e in molte zone della Puglia fino al confine meridionale del Lazio e dell’Abruzzo. A sud fu avvertita nella parte orientale della Sicilia.

1980-11-23 19:34:00

23 Novembre 1980

La scossa distruttiva avvenne il 23 novembre 1980 alle ore 18:35 GMT circa ed ebbe effetti devastanti in una vasta area dell’Appennino meridionale, in particolare in Irpinia e nelle zone adiacenti delle province di Salerno e Potenza. L’area dei massimi effetti comprese la zona del cosiddetto "cratere" nelle alte valli dell’Ofanto e del Sele; le distruzioni gravi e diffuse si estesero a nord fino alle alte valli del Sabato e del Calore e a sud fino alla montagna salernitana e potentina; l’area dei danni comprese quasi tutta la Campania e la Basilicata e parte della Puglia; l’area in cui la scossa fu sentita risultò estesa dalla Pianura Padana alla Sicilia. Furono quasi completamente distrutti i paesi di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Santomenna; distruzioni estese a oltre il 50% del costruito furono riscontrate a Balvano, Calabritto, Caposele, Guardia Lombardi, Pescopagano, San Mango sul Calore, Senerchia, Teora e Torella dei Lombardi. In circa altri 50 comuni furono rilevati crolli e gravi lesioni, 450 circa subirono danni più leggeri. Nelle regioni Campania e Basilicata, su un totale di 1.843.304 abitazioni censite, 77.342 risultarono distrutte, 275.263 gravemente danneggiate, 479.973 lievemente lesionate. Numerose altre forti scosse si succedettero nelle ore e nei giorni immediatamente seguenti e si protrassero quindi per diversi mesi. La replica più forte avvenne il 14 febbraio 1981 alle ore 18:30 GMT, fu localizzata nei Monti d’Avella, a circa 55 km a ovest-nordovest dell’area epicentrale della scossa principale, e causò nuovi crolli e altre vittime.

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